Scuola e bene comune: verso le elezioni del 4 marzo Una Costituente per la scuola

Scuola e bene comune: verso le elezioni del 4 marzo

Una Costituente per la scuola

In questa campagna elettorale, la grande assente è la scuola. È un’assenza grave, perché nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo, la questione educativa rappresenta non una, ma la principale emergenza del nostro Paese.
La scuola, infatti, è il luogo privilegiato dove una comunità di adulti opera per l’educazione e l’istruzione dei giovani, mettendo in gioco metodi, strumenti, contenuti propri della professione docente.
La presenza di adulti, educatori, insegnanti e dirigenti che ogni giorno entrano in classe e accettano la sfida del rapporto con bambini e ragazzi rappresenta la vera speranza di rinnovamento della scuola. Infatti, anche nelle situazioni più difficili, è il continuo mettersi in gioco di figure appassionate al proprio mestiere e al destino dei giovani che hanno davanti che rende possibile l’esperienza educativa, la loro crescita umana, culturale e professionale.
Alla politica chiediamo di rimettere al centro la funzione originale e specifica della scuola, ricostruendo le condizioni di una stima sociale nei confronti dell’istituzione e della figura del docente come professionista.
Desideriamo che l’appuntamento elettorale possa rappresentare l’occasione per un confronto che, superando sterili contrapposizioni, dopo vent’anni di riforme e controriforme di cui la scuola è stata più oggetto che protagonista, consenta di avviare una riflessione che coinvolga più soggetti interessati – istituzionali, politici, culturali, economici – per individuare insieme le criticità da affrontare e per definire alcuni importanti e necessari interventi in una strategia però di largo respiro.
A 70 anni dalla entrata in vigore della Costituzione riteniamo necessaria una “Costituente per la scuola”, perché la scuola è un bene comune di tutto il popolo, dove si possono porre le basi per un nuovo sviluppo, economico e sociale, del Paese.

1. Investire sull’autonomia delle scuole
– Rilanciare l’autonomia scolastica, sempre esaltata, ma di fatto profondamente limitata da una serie di vincoli e da ricorrenti spinte centralistiche specie dell’amministrazione, rappresenta la condizione necessaria affinché la comunità scolastica possa essere davvero protagonista dell’offerta formativa corrispondente alle esigenze dei ragazzi e delle necessità delle famiglie.
– Aumentare gli investimenti per la scuola ritoccando la percentuale del PIL da destinare al Sistema Nazionale di Istruzione, indirizzandole soprattutto su aspetti nevralgici (edilizia, sicurezza, qualità della vita scolastica, ecc.); assegnare le risorse economiche direttamente alle scuole, valorizzando le loro capacità organizzative e gestionali, anche semplificando gli adempimenti burocratici con l’eliminazione dei lacci e lacciuoli di carattere normativo oggi esistenti.
– Puntare su un sistema organico di valutazione (delle scuole, dei docenti, dei dirigenti), correggendo meccanismi ancora troppo farraginosi e individuando più efficaci criteri e strumenti di valorizzazione della qualità.
– Ripensare l’istruzione secondaria specie tecnica e professionale, e favorire un migliore raccordo col mondo del lavoro. Per risolvere una situazione che complica l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro occorre affrontare alcuni punti nevralgici: una mai chiarita definizione dei ruoli tra Regioni e Stato, specie per la formazione professionale; l’incerta caratterizzazione degli istituti tecnici; il mancato decollo dell’apprendistato; il carattere residuo dell’istruzione post-secondaria (es. I.T.S.); i percorsi di alternanza scuola/lavoro ancora in chiaroscuro.

2. Investire sugli insegnanti
La qualità della scuola dipende dalla qualità degli insegnanti. Tuttavia l’approccio alla categoria resta caratterizzato da stereotipi mortificanti: il compromesso basso stipendio-pochi controlli; la scuola come
ammortizzatore della disoccupazione intellettuale; graduatorie – più o meno ad esaurimento – che alimentano attese infinite, con la complicità dei sindacati e di una serie di contraddittorie e scomposte sovrapposizioni normative. Anche l’atteso nuovo contratto dei docenti appena sottoscritto sembra non discostarsi da questo schema. Occorre pertanto:
– proporre nuove articolazioni per la carriera del docente, prevedendo uno sviluppo professionale che valorizzi l’impegno e la qualità dell’insegnamento, promuova l’innovazione didattica, metta al servizio dei docenti giovani l’esperienza maturata dai docenti di lungo corso;
– ridare al mestiere dell’insegnante dignità economica e vero riconoscimento sociale, in modo da valorizzare le migliori energie professionali nel rapporto con gli studenti e nell’attività didattica e offrire ai giovani un’opportunità di lavoro davvero interessante e non residuale;
– riformulare il percorso ordinario di reclutamento dei nuovi insegnanti: ridurre a due anni l’attuale percorso triennale di formazione iniziale e tirocinio (dopo 18 anni di scuola e 5 di università!), valorizzando maggiormente il ruolo della scuola, e spostare al primo anno di FIT l’acquisizione dei 24 CFU, attualmente oggetto– come requisito di accesso al concorso – di un vero e proprio “mercato” e fonte di inutili ritardi;
– riconoscere e sostenere l’attività delle associazioni professionali e disciplinari, esempi virtuosi di sussidiarietà e di comprovata capacità progettuale e formativa, con assegnazione di risorse economiche e umane: libere aggregazioni di docenti senza scopo di lucro, si adoperano responsabilmente per mettere a frutto lo straordinario capitale di esperienza maturata e, con competenza e spirito di innovazione, svolgono un’azione preziosissima a favore dell’intero sistema scolastico. Deve perciò essere favorita, anche con una semplificazione delle procedure, la collaborazione con le scuole, nell’ambito del piano nazionale di formazione.

3. Investire sulla libertà di educazione
Liberi di gestire
È necessario rafforzare la possibilità delle scuole, statali e paritarie, di proporre curricula personalizzati e di sviluppare forme di sperimentazione organizzativa, didattica, metodologica.
È necessario riconoscere alle scuole la possibilità di esercitare un effettivo diritto di nomina dei nuovi docenti, precisando il ruolo della dirigenza e responsabilizzando l’intera comunità scolastica nell’indirizzo della scuola.
Liberi di imparare
È necessario favorire la partecipazione degli insegnanti alla formazione, valorizzando l’adesione libera ai percorsi sia sulla base delle proprie esigenze formative che delle scelte delle scuole e semplificando le modalità di accesso al portale S.O.F.I.A. Anche agli insegnanti delle scuole paritarie devono essere riconosciuti i crediti formativi acquisiti con la partecipazione ai corsi di formazione.
Liberi di intraprendere
È necessario mettere i docenti nelle condizioni di esprimere la propria professionalità, allentando i vincoli burocratici, sia di tipo contrattuale che procedurale; riconoscendo – anche attraverso le risorse del bonus – il tempo dedicato alla ricerca e alla elaborazione di materiali; promuovendo la sperimentazione didattica e metodologica con ricaduta in aula; valorizzando le iniziative che favoriscono la relazione con alunni e studenti.
Liberi di scegliere
È necessario garantire la reale possibilità per le famiglie di scegliere la scuola che ritengono migliore per i propri figli, operando sulla identificazione dei costi standard per gli alunni e la detraibilità fiscale dei costi sostenuti da quanti scelgono la scuola paritaria.

Milano, 12 febbraio 2018

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